Cosa si intende per trauma maxillo-facciale? Quali sono le fratture più comuni? Qual è l’incidenza delle nuove tecnologie e dopo quanto tempo l’operazione possiamo tornare in attività? Risponde a queste e ad altre domande il Prof. Piero Cascone, professore associato di chirurgia maxillo-facciale dell’Università degli studi di Roma Sapienza.
Buongiorno Prof. Cascone, iniziamo subito con una domanda classica: quali sono le principali cause di un trauma maxillo-facciale?
Buongiorno a voi! Riguardo le cause, in ordine di percentuale, troviamo gli incidenti stradali, le aggressioni e i traumi sportivi, in quest’ultimo caso sono molto frequenti le fratture durante le partite di calcetto.
Tra le varie tipologie di trauma maxillo-facciale quali sono le fratture più tipiche?
La più frequenti di tutte è la frattura delle ossa nasali, però ovviamente tutto il distretto maxillo-facciale può essere colpito. Tra le più tipiche troviamo, in ordine:
• la frattura del naso
• la frattura dello zigomo,
• le fratture della mandibola,
• le fratture del condilo-mandibolare, che sono quelle più frequenti e di più difficile diagnosi e terapia.
Nei traumi del mascellare, cosa è la classificazione di LeFort?
Allora, LeFort era un signore che all’inizio del ‘900 prendeva i cadaveri dei soldati prigionieri e li buttava giù dal terzo o dal quarto piano di un edificio, per poi studiare come si rompevano la faccia. Sulla base di questa sperimentazione clinica, se così la vogliamo chiamare, ha classificato le fratture del mascellare in LeFort I, LeFort II, LeFort III a seconda delle strutture coinvolte.
• LeFort I è relativa solo al mascellare;
• LeFort II coinvolge il mascellare e il naso;
• LeFort III (o distacco cranio-facciale) coinvolge il mascellare, gli zigomi e il naso.
Come si esegue la diagnosi per un trauma maxillo-facciale?
La diagnosi è sempre innanzitutto basata su un attento esame clinico e poi deve essere confermata dagli esami strumentali.
Gli esami strumentali possono essere di primo livello, quindi i più semplici e meno indaginosi per il paziente e poi se necessario esami strumentali di secondo livello, quindi quelli che permettono di vedere perfettamente la posizione della frattura e l’entità della frattura.
In cosa consiste un esame clinico per la diagnosi del trauma maxillo-facciale?
L’esame clinico consiste in una procedura che comprende una anamnesi, quindi una storia clinica del paziente, quando è successo, come è successo, da quanto tempo è successo. Segue un esame obiettivo, composto da una ispezione extra-orale e intra-orale quando è necessario, una palpazione, una percussione, una auscultazione, ovviamente sempre quando sono necessarie.
Sulla base di questo si formula una prima diagnosi, e si richiedono gli esami strumentali di cui si ha bisogno.
Rispetto agli esami strumentali, quale è la differenza tra radiografia e tomografia?
La radiografia è un esame diretto, la tomografia è invece un esame in cui l’osso viene fatto a fattine radiografiche. La tomografia ormai si usa solo quella computerizzata o TAC. Consiste in un esame eseguito con una macchina particolare, che permette di avere immagini estremamente precise delle strutture scheletriche del massiccio facciale. Nel massiccio facciale si usano molto le TAC Cone Beam, che sono delle TAC a basso gradiente di radiazioni, che restituiscono un’immagine meno precisa ma assolutamente sufficiente per quanto riguarda la traumatologia delle strutture ossee del massiccio facciale.
Data questa forte incidenza, può dirci in che modo le nuove tecnologie aiutano il trattamento di un trauma maxillo-facciale?
Le nuove tecnologie fondamentali a tutti i livelli.
A livello diagnostico abbiamo veramente tantissime procedure strumentali nuove, come la tac, la risonanza, abbiamo la cine-risonanza che sono estremamente importanti; abbiamo l’artroscopia, la endoscopia. Abbiamo la possibilità di ricostruire le immagini tridimensionali dello scheletro e possiamo creare modelli stereo-litografici dello scheletro, che riproducono il cranio del paziente in plastica o in materiali con le stampanti 3D.
Le nuove tecnologie sono fondamentali anche per la terapia: esistono mini-placche, micro-placche, placche riassorbibili; esistono strumenti rotanti, come i trapani che funzionano a vibrazione e che tagliano solamente l’osso senza ledere le strutture dei tessuti molli; esiste anche il neuro-navigatore, che è uno strumento che serve in camera operatoria ad individuare su delle immagini TAC, la posizione dei ferri chirurgici. Basti pensare a una frattura dell’apice orbitario, che può essere trattata per via endoscopica: grazie al neuro-navigatore il chirurgo ha il punto preciso di dove sono i suoi strumenti nel corpo umano, mentre sta operando.
Possiamo dire che le nuove tecnologie hanno completamente cambiato la chirurgia maxillo-facciale negli ultimi 5 anni!
Professore, rimanendo sempre in tema di tecnologia, che cosa è la tomografia assiale computerizzata, o CT Cone Beam?
È meglio chiamarla TC ossia la tomografia computerizzata ed è un esame radiografico fatto con uno strumento particolare che dà una serie di radiografie e permette la ricostruzione molto vicina di tutte le strutture scheletriche del massiccio facciale. Utilizzato per le strutture solo scheletriche è la TC Cone Beam. Quando invece si vogliono delle valutazioni anche dei tessuti molli, conviene utilizzare o una risonanza o una TAC con contrasto.
Prima ci ha parlato delle placche e delle viti in titanio. In una fase successiva all’intervento andranno rimosse?
In linea di massima la qualità ormai ottenuta e la biocompatibilità dei materiali utilizzati non obbligano alla rimozione dei mezzi di sintesi dopo l’intervento. I mezzi di sintesi si rimuovono solo se danno fastidio, cosa davvero molto rara.
Andando più nello specifico, in cosa consiste un intervento di chirurgia per la riparazione delle ossa del cranio?
Come tutte le fratture, l’iter terapeutico prevede: esposizione, riduzione e contenzione delle fratture.
Che cosa significa esposizione della frattura?
Vuol dire vedere la frattura. In quasi tutte le fratture è necessario vederle per poterle ridurle in modo corretto. Ovviamente siamo sul viso il quale è pieno di strutture nobili, come il nervo facciale, il nervo trigemino, l’arteria facciale, il dotto stenoide e tantissime altre strutture.
Quando si espone la frattura bisogna tenere in considerazione tutte le strutture nobili che costituiscono il viso e non bisogna lederle, quindi non bisogna fare tagli in viso che siano deturpanti. Infatti, in quasi tutte le fratture del viso si accede per via intra-orale o per via trans-congiuntivale per le fratture delle orbite. Quando è necessario si fanno dei tagli minimali estetici e plastici utilizzando suture plastiche, che scompaiono.
Alcune fratture, poi, non necessitano di una esposizione. Per esempio, le fratture dell’arco zigomatico si riducono, si dice “a cielo coperto”, ossia senza l’esposizione diretta, ma solo su controllo radiografico intra-operatorio.
Che cosa significa riduzione della frattura?
La riduzione della frattura significa mettere le strutture ossee nella stessa identica posizione in cui erano prima dell’incidente. Questo si fa a vista o a “cielo coperto” a seconda del tipo di rottura. Nel viso la riduzione delle fratture è particolarmente complessa, perché il viso ha una struttura molto tridimensionale, le strutture sono molto piccole e delicate.
Che cosa significa contenzione della frattura?
Dopo avere ridotto la frattura, bisogna fare in modo che la frattura rimanga nella posizione corretta, per questo si usano dei mezzi di contenzione.
Oggi sono in gran parte in titanio e sono mini o micro placche necessarie per bloccare i frammenti ossei in posizione.
Eccezione viene fatta nelle fratture delle ossa nasali, in cui la riduzione avviene a “cielo coperto”, senza esporre le ossa nasali, quindi basta inserire degli strumenti specifici all’interno del naso per ridurre le fratture delle ossa. La contenzione in questo caso viene fatta ingessando il naso con delle mascherine speciali.
Lei opera molti bambini, volevamo sapere: cambia qualcosa se è un bambino a subire un trauma maxillo-facciale?
Cambia tutto. Va tenuto in considerazione che il bambino è un soggetto in crescita, quindi la frattura va ridotta con metodiche particolari e specifiche dedicate ai bambini in modo tale che nello sviluppo non presentino delle alterazioni di crescita.
Tutti questi interventi che ci ha descritto vengono operati in anestesia locale o generale?
Dipende dal tipo di frattura. Quando è possibile si fa in anestesia locale e quando non è possibile si fa in anestesia generale. Occorre dire che ormai gli anestesisti e le tecniche anestesiologiche sono talmente tanto avanzate, che molto spesso è meno rischioso una anestesia generale che una locale.
Secondo la sua esperienza, quali sono i tempi di guarigione?
Dipende ovviamente dal tipo di fratture. Ad esempio, la frattura delle ossa nasali guarisce in 40/60 giorni, questo però non vuol dire che non si possa andare a lavorare, anzi la persona può riprendere tutte le proprie attività dopo due o tre giorni, l’importante è non andare a prendere ulteriori urti sul naso. Per questo motivo i giocatori di calcio professionisti utilizzano specifiche maschere (che spesso vediamo in televisione) che costruiamo noi chirurghi maxillo-facciali per difendere il viso da ulteriori possibili colpi.
Nel caso di una frattura del cranio quanto tempo serve per tornare a fare sport?
5 giorni usualmente. Nella mia pratica gli sportivi professionisti tornano ad allenarsi dopo tre giorni qualsiasi sia la frattura del viso, quindi ossa nasali, zigomo, mandibola e possono tornare in partita dopo 7 giorni.
Per quanto riguarda le cicatrici invece, prima ci stava dicendo che ormai sono ridotte al minimo, ma saranno comunque visibili?
Diciamo che le cicatrici in generale sono ridotte al minimo e che quelle nel viso vanno sempre trattate con estrema attenzione, quindi vanno non solamente devono essere seguite delle suture particolarmente attente, che preservino i piani muscolari e cutanei e tutte le strutture nobili che nel viso sono contenute, ma vanno anche trattate con terapie specifiche nel post-operatorio, utilizzando creme al silicone, protezioni particolari verso il sole, facendo dei massaggi che tendano ad allentarle e così via.
Prof. Cascone, un’ultima domanda: c’è una raccomandazione personale che si sente di fare per un rapido recupero post-intervento maxillo-facciale?
Il mio consiglio è di seguire attentamente le indicazioni del chirurgo.